Depressione Caspica
C.S.I.
4:51Nostro padre si decise per il Gorgo E in tutta la nostra grossa famiglia Soltanto io lo capii, che avevo nove anni Ed ero l'ultimo In quel tempo stavamo ancora tutti insieme Salvo Eugenio che era via a far la guerra Da Abissinia, quando nostra sorella Penultima, si ammala Mandammo per il medico di Niella E alla seconda visita disse che non ne capiva niente Chiamammo il medico di Murazzano E anche lui non ne conosceva il male Venne quello di Faisoglio e tutti e tre dissero Che la malattia era al di sopra della loro scienza Deperivamo anche noi accanto a lei E la sua febbre ci scaldava come un braciere Quando ci chinavamo su di lei Per cercar di capire a che punto era Fra quello che soffriva e le spese Nostra madre arrivò a comandarci di pregare il Signore Che ce la portasse via, ma lei durava Solo più grossa un dito E lamentandosi sempre come una agnella Come se non bastasse Si aggiunse il batticuore per Eugenio Del quale non ricevevamo più posta Tutte le mattine correvo in canonica A farmi dire dal parroco che cosa c'era Sulla prima pagina del giornale E tornavo a casa a raccontare Che erano in corso coi Mori le più grandi battaglie Cominciammo a recitare il rosario anche per lui Tutte le sere, con la testa tra le mani Uno di quei giorni nostro padre si leva da tavola E dice con la sua voce ordinaria "Scendo fino al belbo a voltare quelle fascine Che m'hanno preso la pioggia." Non so come, ma io capii a volo Che andava a finirsi nell'acqua E mi atterriti, guardando in giro Vedere che nessun altro aveva avuto la mia ispirazione Nemmeno nostra madre fece il più piccolo gesto Seguitò a pulire il paiolo E sì che conosceva il suo uomo Come se fosse il primo dei suoi figli Eppure non diede l'allarme Come se sapessi che lo avrei salvato solo Se facessi tutto da me Gli uscii dietro che lui, pigliato il forcone Cominciava a scendere dall'aia Mi misi per il suo sentiero Ma mi staccava a solo camminare E così dovetti buttarmi a una mezza corsa Mi sentì, mi riconobbe dal peso del passo Ma non si voltò e mi disse di tornarmene a casa Con una voce rauca ma di scarso comando Non gli ubbidii Allora, venti passi più sotto Mi ripeté di tornarmene su Ma stavolta con la voce che metteva coi miei fratelli più grandi Quando si azzardavano a contraddirlo in qualcosa Mi spaventò, ma non mi fermai Lui si lasciò raggiungere e quando mi sentì al suo fianco Con una mano mi fece girare come una trottola E poi mi sparò un calcio dietro Che mi sbatté tre passi su Mi rialzai e di nuovo dietro Ma adesso ero più sicuro che ce l'avrei fatta Ad impedirglielo e mi venne da urlare verso casa Ma ne eravamo già troppo lontani Avessi visto un uomo lì intorno Mi sarei lasciato andare a pregarlo "Voi per carità parlate a mio padre, ditegli qualcosa" Ma non vedevo una testa d'uomo in tutta la conca Eravamo quasi in piano dove si sentiva già chiara L'acqua di belbo correre tra le canne A questo punto lui si voltò Si scese il forcone dalla spalla E cominciò a mostrarmelo come si fa con le bestie feroci Non posso dire che faccia avesse Perché guardavo solo i denti del forcone Che mi ballavano a tre dita dal petto E soprattutto perché non mi sentivo di alzarli Gli occhi in faccia per la vergogna di vederlo come nudo Ma arrivammo insieme alle nostre fascine Il Gorgo era subito lì dietro un fitto di felci E la sua acqua ferma sembrava la pelle di un serpente Mio padre, la sua testa era protesa I suoi occhi puntati al Gorgo E allora allargai il petto per urlare In quell'attimo lui ficcò il forcone nella prima fascina E le voltò tutte, ma con una lentezza infinita Come se sognasse e quando le ebbe voltate tutte Tirò un sospiro tale che si allungò di un palmo Poi si girò, stavolta lo guardai E gli lividi la faccia che aveva tutte le volte Che rincasava da in festa con una sbronza fina Tornammo su con lui che si sforzava di salire adagio Per non perdermi d'un passo e mi teneva sulla spalla La mano libera dal forcone e ogni tanto Mi grattava col pollice, ma leggero come una formica Tra i due nervi che abbiamo dietro il collo